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Fai bei sogni


“Non essere amati è una sofferenza grande, però non la più grande. La più grande è non essere amati più.(…) quando un sentimento ricambiato cessa di esserlo, si interrompe brutalmente il flusso di un’energia condivisa. Chi è stato abbandonato si considera assaggiato e sputato come una caramella cattiva. Colpevole di qualcosa d’indefinito”

“Fai bei sogni” è il film Marco Bellocchio uscito nel 2016 che vede protagonista un drammatico Valerio Mastrandrea e tratto dall’omonimo romanzo autobiografico di Massimo Grimellini.

La storia è quella di Massimo…Massimo bambino, giovane e adulto. Massimo è orfano di madre, una madre giovane, bella, gioiosa ma che muore di colpo, Massimo scoprirà come solo a 50 anni. Questo immenso punto interrogativo, questa perdita inaspettata, gli comprometterà vita e rapporti sociali non poco.

Il libro/film è un percorso interiore che fa l’autore che scrivendo non fa altro che autoanalizzarsi.

La storia scorre ed evidenzia come sia importante nell’età formativa sciogliere i traumi. Tutto infatti in maniera celata e infiltrante gira intorno al rapporto con le madri o meglio, al desiderio inconscio di accudimento di Massimo, di tenerezze mancate e vuoto da colmare. Nodi da sciogliere e una verità non detta che ha causato tutto questo. L’elaborazione del lutto, già di per se è un evento molto delicato, di più ancora se non si può elaborarlo nella sua interezza.

Il processo di elaborazione del lutto viene è suddiviso in quattro fasi:

1) Negazione

2) Rabbia

3) Depressione

4) Accettazione

Nella prima fase il soggetto manifesta uno stato di calma apparente determinata dalla negazione della realtà, reprime le emozioni; quando la persona che ha subito la perdita raggiungerà una sorta di sicurezza consapevole si lascerà andare anche emotivamente (Parkes, 1980) Invaderà il bisogno fisico e psicologico dell’oggetto perduto, si comincerà a pensare in modo ossessivo agli eventi che hanno condotto al distacco. Si arriverà cosi in qualche modo alla negazione della realtà, troppo dolorosa da accettare. Durante questa fase potrebbe comparire anche un’ideazione suicidaria determinata dalla voglia di un ricongiungimento con la persona morta (Kast, 1996). In un secondo momento, quando comincia a farsi strada la consapevolezza dell’inevitabilità del distacco, subentra la collera per l’abbandono subito; la rabbia, la seconda fase ed è fondamentale per la ristrutturazione interna della persona che ha subito la perdita. La terza fase, lo stato di depressione è la fase in cui il soggetto si sente svuotato, senza più confini sicuri (Parkes, 1980). L’ultima fase è l’accettazione si prende atto di qualcosa che non si può modificare, che non si può far altro che accettare.

Difficile nell’adulto, lo è ancor più nel bambino che oltre a dover affrontare queste delicate fasi, lo fa senza armi evolutive. Se non ho avuto il tempo di accudimento, se non ho avuto il tempo delle carezze, il tempo di formare una personalità solida grazie al genitore come si può metabolizzare il processo?

Un lutto traumatico in infanzia quindi può determinare depressione, ADHD, disturbi oppositivi, disturbi della condotta.

Non è semplice stabilire il confine tra il dolore “normale” e quello traumatico in quanto questi due processi sono connessi tra loro. Quello che li differenzia dipende da diverse circostanze interne ed esterne.

Tra le circostanze esterne:

  • Il modo in cui la morte è avvenuta

  • Che tipo di conoscenza ha il bambino rispetto ad essa

  • Se il bambino ha assistito alla morte

  • Il modo in cui è stata comunicata la notizia al bambino

  • La qualità del supporto ricevuto dal bambino da parte degli adulti

Tra le circostanze interne ci sono:

  • Il livello di sviluppo del bambino

  • Le capacità cognitive del bambino

  • Le sue risorse emotive

Cosa fare?Non sottovalutare il dolore del bambino che per quanto possa essere manifestato in maniera differente dall’adulto è forte a va sostenuto. L’età del bambino incide sul livello di comprensione della morte, pertanto anche le reazioni potranno essere differenti. Quando in famiglia avviene qualcosa di così traumatico come una morte è impossibile nascondere la realtà o posticipare la sua comunicazione.

Il bambino capisce subito cosa sta succedendo da tutta una serie di segnali:

  • l’espressione del volto dei genitori

  • i cambiamenti nelle abitudini quotidiane della famiglia (dal parlare a bassa voce o interrompersi in loro presenza)

  • dall’emotività elevata che costantemente ed inevitabilmente emerge.

La notizia della morte dovrebbe essere comunicata dai genitori o dal genitore sopravvissuto e dovrebbe essere fatto il prima possibile.

I bambini infatti hanno necessità di due cose fondamentali: potersi FIDARE e conoscere la VERITA’.

La verità, elemento chiave poi del film, elemento chiave per Massimo Grimellini e di certo tantissimi altri bambini come lui.


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