Caro Diario
- Manuela Agostini
- 31 ott 2017
- Tempo di lettura: 4 min

Festa del cinema di Roma. Auditorium Parco della Musica, Via Pietro de Coubertin, 30, quartiere Parioli.
Aspetto sul Redcarpet. L’umidità penetra fino alle ossa, la gente non è molta, l’attesa per me è euforica ma controllata. Eccolo è arrivato. Il passo è lento e sicuro è un uomo alto non troppo brizzolato, occhi piccoli e la barba bianca . Ha una camicia blu dentro i pantaloni e una giacca bordò che veste perfettamente, si avvicina ai giornalisti e risponde ad ogni domanda - “ è in buona oggi, meno male”- alcuni dicono dalla nostra parte, un ragazzo consapevole del grave errore che sta per commettere gli chiede un selfy ma lui sorprende tutti e si presta anche se la sua faccia fissa l’obiettivo tra lo schifato e l’impenetrabile. Continua a camminare, finalmente arriva da noi, io riprendo ma mi rendo conto che vorrei solo togliere questo schermo e guardarlo con i miei occhi, Nanni.
Sonia gli fa la domanda - “Su Caro Diario, c’è una sequenza che la vede immerso tra i ritagli di giornale, la comunicazione è chiaramente importante per lei, come mai in tal proposito, si rifiuta di utilizzare qualsiasi tipo di social network, canali di comunicazione propri di questi tempi?” apre le braccia, sorride e fa un passo indietro “Che le devo dire signorina, ritengo di non averne bisogno”.
In psicologia il bisogno è la mancanza totale o parziale di uno o più elementi che costituiscono il benessere della persona, tra me e me, mi chiedo “quindi se ormai tutti hanno bisogno di condividere sui social, oggi e soprattutto per le nuove generazioni digitali, questa è una caratteristica che possiamo utilizzare per arricchire la piramide di Maslow?”
Questa però è un'altra storia, ci penserò meglio, magari domani, oggi atteniamoci a lui, lui non ne ha bisogno.
Si allontana, riesco a fare qualche foto. Si dirige nella sala Petrassi, entriamo tutti.
Il mio posto è centrale, proprio davanti a lui. Entra insieme a Monda, che non farà parlare mai. Nanni, sul palco fa tutto da solo. Una lezione di cinema, racconti di vita, battute ironiche, commenti ai filmati inediti che ha personalmente selezionato.
“ Amo molto il cinema polacco, amo molto Kieslowski, ricordo che mi chiamò per interpretare una parte nel film “La doppia vita di Veronica” a quei tempi però ero giù, pensavo di avere una grande forma di depressione, poi si scoprì che era solo un tumore”. Ironico, sempre ironico. Continua con piccoli aneddoti per tutto il tempo, scherza, si mostra esattamente cosi come è, Nanni Moretti. I minuti scorrono fin troppo veloci per me. Arriva la fine, annuncia- “ora vi farò vedere 8 minuti e vi prego di non filmare, insomma guardate senza condividere, degli appunti di un cortometraggio che non ho ancora finito, che sto montando” il titolo “Autobiografia dell’uomo mascherato”
Inizia. Un uomo con una strana maschera bianca cammina tra le strade. Lungotevere. Roma. Casa. Scatoloni. Secondo dopo secondo noto delle chiare similitudini con “Caro Diario”, lo stile musicale della colonna sonora, appunto Roma, la scena in cui tira fuori tantissime, troppe agende. L’inquadratura su di loro, tutte aperte che mostrano numeri, disegni, scarabocchi, parole, sembrano i ritagli di giornali da cui abbiamo attinto per la domanda, rido, Nanni ironizza “Ecco queste agende ora sono in mano ad un pool internazionale di psichiatri”, rido di nuovo e comincio a capire.
La maschera di quest’uomo è una sorta di rete protettiva.
Il corto continua, l’uomo mascherato si mostra nelle sue attività quotidiane, non voglio entrare troppo nello specifico, inutile descrivere un contorno che già so dove finirà. Finirà proprio li, l’uomo mascherato nell'ultima scena non ha ancora la maschera, mostra il momento in cui gli viene applicata, la rete protettiva prima, della radioterapia alla testa.
“Ero io” si sente Nanni urlare dal palco rivolto verso di noi ridendo “l’uomo mascherato, ero io, non l’avevate capito? E siccome un’altra volta dopo più di vent’anni, da un’altra parte ho avuto un altro tumore e penso che si possa filmare non tutto ma quasi tutto, ho filmato una delle tante sedute di radioterapia.”
Le luci si rialzano, lui è in piedi centralmente, sul palco, tira i pugni in aria, ha vinto di nuovo lui.
Esco dalla sala, in lacrime ovviamente.
Giovanni Moretti, tu mostri chi sei, quello che pensi, le cose che fai attraverso i tuoi film, attraverso le proiezioni che dai nel tuo “ Nuovo Cinema Sacher”, il perfezionismo e la cura nei tuoi progetti, l’ironia con cui affronti certi discorsi, l’elaborazione dei momenti di dolore, il lutto, il tumore con il tuo girato, con i tuoi film.
Elaborare quello che si ha dentro attraverso l’arte è un modo per sopravvivere a tutto quello che la vita ci mette davanti. La volontà di trasformare e condividere attraverso l’arte permette a chi ha la stessa sensibilità di sapere che non si è soli ed è un gesto sì di autoanalisi ma anche di grande umanità. Guardare un film di Nanni Moretti è conoscere Nanni Moretti, puoi amarlo o odiarlo, ma, lui si è comunque presentato.
Ripenso alla domanda fatta sul redcarpet, ripenso alla risposta “ Ritengo di non averne bisogno”. Che dire, come sempre, hai ragione.




























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