Il nido del cuculo
- Manuela Agostini
- 2 gen 2017
- Tempo di lettura: 5 min
FRANCO BASAGLIA
Nella Facoltà di Psicologia 1 dell’Università degli Studi di Roma “ La Sapienza” è presente un aula, “L’aula Basaglia” dove si studia, ci si riunisce, si discute….chi sia Franco Basaglia penso e spero sia per cultura generale un fondamento acquisito della nostra società. Tra le sue parole scopriamo chi è:
«E' nel silenzio di questi sguardi che egli si sente posseduto, perduto nel suo corpo, alienato, ristretto nelle sue strutture temporali, impedito di ogni coscienza intenzionale. Egli non ha più in sé alcun intervallo: non c'è distanza fra lui e lo sguardo d'altri, egli è oggetto per altri tanto da arrivare ad essere una composizione a più piani di sé, posseduto dall'altro "in tutti i piani possibili del suo volto e in tutte le possibili immagini che di volta in volta possono derivare dai vari atteggiamenti che si possono cogliere". Il corpo perché sia vissuto è dunque nella relazione di una particolare distanza dagli altri, distanza che può essere annullata o aumentata a seconda della nostra capacità di opporsi. Noi desideriamo che il nostro corpo sia rispettato; tracciamo dei limiti che corrispondono alle nostre esigenze, costruiamo un'abitazione al nostro corpo.»
«L'importante è che abbiamo dimostrato che l'impossibile può diventare possibile. Dieci, quindici, venti anni addietro era impensabile che il manicomio potesse essere distrutto. D'altronde, potrà accadere che i manicomi torneranno ad essere chiusi e più chiusi ancora di prima, io non lo so! Ma, in tutti i modi, abbiamo dimostrato che si può assistere il folle in altra maniera, e questa testimonianza è fondamentale. Non credo che essere riusciti a condurre una azione come la nostra sia una vittoria definitiva. L'importante è un'altra cosa, è sapere ciò che si può fare. E' quello che ho già detto mille volte: noi, nella nostra debolezza, in questa minoranza che siamo, non possiamo vincere. E' il potere che vince sempre; noi possiamo al massimo convincere. Nel momento in cui convinciamo, noi vinciamo, cioè determiniamo una situazione di trasformazione difficile da recuperare.»
«Uno schizofrenico abbiente, ricoverato in una casa di cura privata, avrà una prognosi diversa da quella dello schizofrenico povero, ricoverato con l'ordinanza in ospedale psichiatrico. Ciò che caratterizzerà il ricovero del primo, non sarà soltanto il fatto di non venire automaticamente etichettato come un malato mentale "pericoloso a sé e agli altri e di pubblico scandalo", ma il tipo di ricovero di cui gode lo tutelerà dal venire destorificato, separato dalla propria realtà»
Lo Psichiatra dell’anti-Psichiatria.
Franco Basaglia nacque a Venezia, l'11 marzo 1924. Dopo aver conseguito la maturità classica, si iscrisse alla facoltà di Medicina e chirurgia dell'Università di Padova. Laureatosi nel 1949, si specializzò, nel 1953, in malattie nervose e mentali. Lo stesso anno sposò Franca Ongaro, con la quale ebbe due figli e stabilì inoltre una collaborazione anche professionale, soprattutto nella stesura di libri e saggi.
Nel 1958 ottenne la libera docenza in Psichiatria. In quel tempo prestava la sua attività lavorativa a Padova, dove era assistente presso la Clinica di malattie nervose e mentali. Pro-rettore dell’ateneo padovano era all’epoca Massimo Crepet, pioniere della medicina del lavoro ed amico personale di Basaglia, il quale già allora veniva visto, come una ‘testa calda’ .
Nel 1961, questo stato di cose indusse Basaglia a rinunciare alla carriera universitaria e ad andare a Gorizia, dove aveva vinto un concorso per la Direzione dell'Ospedale psichiatrico. L'impatto con la realtà del manicomio fu durissimo. Nel manicomio c’erano cancelli, inferriate, porte e finestre sempre chiuse; catene, lucchetti e serrature ovunque. Le terapie più comuni erano la segregazione nei letti di contenzione, la camicia di forza, il bagno freddo, l’elettroshock, la lobotomia (asportazione dei lobi parietali).
Per Basaglia questo metodo non era rilevante ai fini di guarigione, indipendenza e percorso di ogni singolo malato.Per poter affrontare degnamente la malattia mentale dunque, si convinse che ogni pregiudizio terapeutico doveva essere sospeso. Solo in questo modo il malato poteva cominciare un percorso che portasse ovunque ma non li…in una situazione di immobilità inutile. Sartre, Foucault e Goffman furono la sua ispirazione soprattutto nella critica all’impostazione psichiatrica.
Nel manicomio di Gorizia erano ricoverati circa 650 pazienti: con la direzione Basaglia cominciò, una vera e propria rivoluzione. Vennero eliminati tutti i tipi di contenzione fisica e le terapie di elettroshock, furono aperti i cancelli, facendo si che i malati potessero passeggiare nel parco e consumare i pasti all’aperto ecc. Per i pazienti non dovevano esserci più solo terapie farmacologiche, ma anche rapporti umani rinnovati con il personale della ‘comunità”. I pazienti dovevano essere trattati come uomini.
Nel 1969 lo psichiatra lasciò Gorizia e, dopo due anni passati a Parma alla direzione dell'ospedale di Colorno, nell'agosto del 1971, divenne direttore del manicomio di Trieste, il San Giovanni, dove c'erano quasi milleduecento malati. Basaglia istituì subito, all’interno dell’ospedale psichiatrico, laboratori di pittura e di teatro. Nacque anche la cooperativa dei pazienti, che così cominciavano a svolgere lavori riconosciuti e retribuiti. Questa volta però Basaglia sentiva il bisogno di andare oltre la trasformazione della vita all'interno dell'ospedale psichiatrico: il manicomio andava chiuso ed al suo posto andava costruita una rete di servizi esterni, per provvedere all'assistenza della persone affette da disturbi mentali.
La psichiatria, non aveva compreso fino ad allora i problemi del malato mentale, non aveva attuato nessun percorso né riabilitativo né assistenziale o rivolto a guarigione alcuno aveva solo creato un recipiente dove contenere chi soffriva di malattia mentale.Nel 1973 Trieste venne designata "zona pilota" per l'Italia nella ricerca dell'Oms sui servizi di salute mentale. Nello stesso anno Basaglia fondò il movimento Psichiatria Democratica. Nel gennaio 1977, in una affollatissima conferenza stampa, Franco Basaglia e Michele Zanetti, presidente della Provincia di Trieste, annunciarono la chiusura del San Giovanni entro l’anno e l’anno successivo, il 13 maggio 1978, fu approvata in Parlamento la Legge 180 di riforma psichiatrica. Nel 79 Basaglia fece un viaggio in Brasile, dove incontrò psichiatri, psicologi, infermieri e studenti, ai quali, attraverso una serie di seminari raccolti poi nel volume “Conferenze brasiliane”, riferì l’esperienza nei manicomi. La psichiatria democratica doveva allora andare oltre la chiusura dei manicomi ed affrontare quel disagio sociale attraverso il quale miseria, indigenza, tossicodipendenza, emarginazione, delinquenza, conducono alla follia. Nel novembre del 1979 Basaglia lasciò la direzione di Trieste e si trasferì a Roma, dove assunse l'incarico di coordinatore dei servizi psichiatrici della Regione Lazio. La situazione psichiatrica romana era allora rappresentata da un manicomio enorme e da innumerevoli case di cura private. Nella primavera del 1980 però un tumore al cervello in pochi mesi lo portò alla morte, avvenuta il 29 agosto 1980.
Quel che rimane è tanto, ma facendo un giro su Internet, ho trovato un sito molto interessante che, chi come me, è appassionato e affascinato e persegue l’obiettivo di lavorare ed aiutare chi soffre di queste malattie, molto interessante.
Il sito è http://www.nopazzia.it/ , questo è gestito da chi soffre di questi mali. Come Basaglia fece, sarebbe interessante capire il punto di vista dei protagonisti reali di questi problemi, aiutarli ad essere autonomi, a farli resuscitare da una condizione che magari è recuperabile portandoli a non avere più bisogno di alcuna assistenza ovviando cosi la frase che rispecchia cos’era il manicomio e facendoci capire cosa ha fatto Basaglia per tutte queste persone…..lui disse:“Un malato di mente entra nel manicomio come 'persona' per diventare una 'cosa'.” Il malato di mente non è una cosa ma una persona che deve essere aiutata a riprendere in mano la sua vita là dov’è possibile!
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