MEN, WOMEN AND CHILDREN – RECENSIONE DEL FILM DI J. REITMAN
- Manuela Agostini (per State of Mind)
- 7 mar 2016
- Tempo di lettura: 5 min

Men, Women and Children è un film del 2014 scritto e diretto dal regista Canadese Jason Reitman
Il film è incentrato sulle vicende di un gruppo di adolescenti totalmente nativi digitali e dei loro genitori adulti coinvolti a loro volta da questa nuova metodica di interazione sociale. Volendo dare una breve descrizione dei personaggi abbiamo:
Don e Helen Truby, coppia sposata. Lei cercherà una relazione extra-coniugale attraverso un sito di incontri, lui che da tempo soddisfa le proprie esigenze sessuali attingendo alla pornografia, contatterà un servizio di prostitute online.
Come figlio della fedifraga coppia troveremo Chris Truby anch’esso totalmente dipendente dalla pornografia svilupperà problemi di erezione non riuscendo a trarre eccitazione se non dalla visione di pratiche sessuali non, per cosi dire, ortodosse.
Ci imbatteremo poi in Donna Clint, ex attrice fallita, madre di Hannah, che apre un sito web in cui posta foto di sua figlia per cercare di immetterla nel mondo dello spettacolo. Un giorno Donna riceverà una mail da uno sconosciuto con la richiesta di un servizio fotografico della ragazza in posizioni erotiche, Donna acconsentirà alla richiesta entrando in un vortice al limite dell’illecito.
Tim Mooney un ex stella del football, che ha lasciato la squadra a causa del divorzio dei suoi genitori dovuto all'abbandono della madre, di cui adesso riceve notizie solo attraverso Facebook ( ad un certo punto lei addirittura lo “bloccherà dai suoi contatti”). Dopo il trauma, Tim cercherà rifugio emotivo in un famoso gioco di ruolo online, fuori dalla RL, quella che a quanto pare i giovani chiamano Real Life e ritenuta da lui insignificante nel contesto dell'universo. Dopo evidenti problemi di distacco dalla realtà, a Tim vengono prescritti dei farmaci antidepressivi da parte del terapeuta della scuola. L'unico contatto umano e reale di Tim è con una ragazza, Brandy Beltmeyer,
Brandy Beltmeyer ha una madre estremamente iperprotettiva, Patricia, che monitora in modo ossessivo tutte le sue attività su Internet: cronologia, password e account. Brandy troverà il modo di avere una sua figura su rete attraverso Tumblr, dove la ragazza posterà diverse sue foto e stati per esprimere se stessa, anche qui se vogliamo, attraverso un personaggio estremo.
Infine Allison Doss ex ragazza “in carne”. Da tempo innamorata di un ragazzo della sua scuola più grande di lei, dimagrirà fortemente dopo che Brandon , il ragazzo in questione, la denigrerà per il suo aspetto. Entrata quindi nel vortice dell’anoressia, la ragazza troverà supporto nella frequentazione di siti malsani in cui ragazze con disturbi alimentari si supportano a vicenda e suggeriscono tecniche per non mangiare.
Le tematiche affrontate toccano temi attualissimi che spaziano dalla cultura dei videogiochi all’anoressia, dall’infedeltà coniugale, pornografia e materiale illecito su rete.
Le scene sono piene di atti comunicativi verbalizzati e scritti ( carine le serie di vignette che emergono quando i personaggi scrivono qualcosa attraverso i messaggi o i social) fanno, se vogliamo, anche sorridere essendo un piccolo specchio dove inevitabilmente ognuno di noi trova la propria immagine.
Facebook, instangram, tumblr, tweetter, grinder,tender, Legacy of Magic hanno sostituito i vecchi muretti dove ci si incontrava il pomeriggio, i vecchi rullini e quelle belle foto cartacee che avrebbero creato i nostri album fotografici da condividere a casa con amici e parenti, gli appuntamenti al buio, nascondino e mosca cieca. Senza cadere comunque nella retorica del “si stava meglio quando si stava peggio”, il film apre una serie infinita di domande e riflessioni tra cui quella che a mio avviso muove ogni cosa, ovvero il sociale ed il suo cambiamento.
“Cosa spinge le persone ad iscriversi ad un social network?”; “Quanto c’è di realistico e di idealistico nei profili social?”; “Questa quantità di informazioni può essere utile nell’analizzare la vita ed il modo di essere delle persone?”.
Si è cercato di rispondere a tali quesiti partendo dalla teoria dei bisogni di Maslow (Riva 2008) dove si spiega tale spinta attingendo ai bisogni di stima, di sicurezza, di autorealizzazione ma a parer mio, attraverso una ricerca sul web, una teoria molto interessante è quella condotta da alcuni psicologi dello IULM e della Cattolica di Milano (Cipresso et al., 2010; Mauri et al., 2010) che sostengono “ i social network hanno la capacità di produrre delle “esperienze ottimali”, definite di “Flow” (Flusso), che sono in grado di rifornire una ricompensa intrinseca ai propri utenti. Secondo la teoria di Csikszentmihalyi (1988), il flow è quello stato in cui tutto si svolge in armonia con le nostre decisioni; è uno stato che presuppone passione, creatività e il pieno coinvolgimento delle migliori abilità della persona. L’esperienza ottimale che si vive dipende direttamente da chi la compie, non solo perché si diventa protagonisti di quello che si sta facendo ma, perché si è totalmente coinvolti nell’attività al punto che nient’altro può distrarre in quel momento. Nel Flow un individuo è in grado di accantonare qualunque altro pensiero e preoccupazione, per immedesimarsi totalmente nel compito, fino ad arrivare a perdere il senso del tempo e la comparsa temporanea delle necessità fisiche di base”
e ancora
“Un’altra motivazione che spinge le persone ad iscriversi ad un Social Network, fa riferimento al bisogno personale di lasciare una traccia di sé. Tale bisogno è sempre stato una necessità insita in tutti gli esseri umani, di tutte le epoche storiche. Se in passato si usavano i ritratti, oggi si usano le pagine dei social network. Un tempo i ritratti davano un senso di eternità e ci fornivano molte informazioni del soggetto raffigurato (carattere, ambizioni, status sociale), così, oggi, i profili Facebook possono indicarci i tratti psicologici, gli interessi e molte altre informazioni dei loro possessori. Proprio per questo molte ricerche (Quercia et al., 2011; Gosling et al., 2011; Golbeck et al., 2011) che presenteremo hanno analizzato la personalità degli utenti, arrivando a comprendere che tutte le informazioni, le attività svolte online possono dirci qualcosa della personalità reale (offline) di ognuno, in quanto costruiscono una sorta di memoria storica delle proprie attività.”
Zuckenberg sembra aver intuito questa tendenza al voler lasciare un segno nel mondo virtuale e dal 2011 ha introdotto il “Timeline” una sorta di “diario aperto” che permette alla bacheca degli utenti di conservare gli ultimi aggiornamenti ed in più di estrapolare all’occorrenza notizie relative ad un determinato periodo.
Quindi,attraverso il “Timeline” si ripercorrono un alcune tappe che abbiamo deciso di dichiarare, se poi contiamo le immagini del profilo e di copertina che scegliamo, i link a cui mettiamo i “like” gli interessi che manifestiamo attraverso appunto le notizie, le reti di amicizie e le condivisioni, probabilmente, calcolando comunque che quello del profilo è un vero e proprio processo di creazione e di desiderata voglia di manifestarci al massimo della nostra esponenzialità, si può pensare ,a parer mio, che nelle indagini prossime future nel campo della psicologia e non solo, che oltre ai test psicometrici, l’attenta analisi dei linguaggi verbali e non e in ultimo la conoscenza dell’ambiente sociale del paziente, anche l’osservare la pagina facebook potrebbe essere un ulteriore indicatore di personalità, visto che i social network non sono a parer mio una moda passeggera ma una nuova inferenza, il futuro sociale?
Il tempo risponderà.
Bibliografia
“I social network” di Giuseppe Riva - Il Mulino 2008


















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